Antonio Errigo
26/01/2017
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Rileggo sempre con molto affetto le parole scritte su questo blog.

 

Ogni tanto ci ritorno ed è come quando apri un vecchio armadio: hai la sensazione di ritrovare abiti che potresti ancora indossare, che ti stanno ancora bene, per poi scoprire in fretta che se sono accantonati lì è perché il tempo passa per tutto e tutti. Per gli abiti così come per certe emozioni.

 

Ogni cosa lascia il passo a quella successiva. Così, in rapida successione, passano le mode, le persone, le parole, i giorni. E gli anni.

 

Io oggi ne compio 33. E il trentatreenne è per definizione quel personaggio in bilico tra quello che ha fatto e quello che farà. Quel soggetto che combatte lucidamente tra il sogno e la realtà, riuscendo alle volte a far coincidere le due cose. Quell’uomo (o quella donna) che, altre volte, può disintegrare il proprio futuro per via di un treno perso o una scelta un pelino fuori tempo…

 

La verità è che non si è mai grandi abbastanza per “ingarrare” la cosa giusta.

 

Però, in questo scenario, una cosa i trentatreenni la sanno fare molto bene. I bilanci.

 

Sì, perché quest’età sancisce l’ingresso in quella terra di mezzo dove non si è né troppo giovani né vecchi. Una terra dove tutto ha un senso a seconda del punto di vista dal quale si osservano le cose, perché quel punto di vista rappresenta la posizione mentale insindacabile dalla quale vengono visti gli eventi.

 

E quindi, a quest’età, è giusto sia il conformismo che l’anticonformismo.

È giusto sia partire spensierati all’avventura verso gli orizzonti sconfinati del mondo, sia restare, pendolare ogni giorno verso l’ufficio, in giacca e cravatta, alle prese con scadenze, documenti e pesanti borse a tracolla.

 

A trentatré anni ho imparato a capire che c’è la medesima speranza in entrambe le scelte: l’ambizione di una vita totalmente felice. Ma, ahimè, c’è anche la medesima probabilità di fallire…

 

Torniamo ai bilanci.

Oggi spetta a me tracciare il mio. E sapete che vi dico? Che finalmente ho trovato un equilibrio:

 

rimugino quanto basta sulla vita; in questo Risiko quotidiano, dove è sempre molto complesso vincere, porto avanti le mie battaglie; indosso cravatte e T-shirt con la stessa naturalezza; ogni tanto faccio il risvoltino al pantalone per sentirmi più figo, cinque minuti dopo lo srotolo perché mi sento (o mi fanno sentire) un coglione; controllo spesso il mio conto in banca; intravedo stempiature che tendo ad ignorare ma la chioma complessivamente regge; leggo molto meno di un tempo e me ne fotto molto più di un tempo; se sono in riunione mi esprimo con toni verticali e virili; quando sono su un mezzo pubblico continuo ad incuriosirmi delle vite altrui; dico di non aver tempo per la palestra ma ogni lunedì sono convintamente a dieta; vedo gente, faccio cose, stringo mani…

 

E ogni tanto passo da questo blog a ricordarmi com’ero qualche anno fa. Apro questo vecchio armadio per capire se mi entrano ancora le parole di un tempo oppure se devo rinunciare definitivamente alla taglia 46 e cedere il passo alla 48!

 

Torno qui per capire se ho gli stessi sogni, se l’Antonio che ha scritto “Vengo con te” e “Quartiere mondo” è sempre lo stesso o è cambiato. Se è cambiato troppo o troppo poco. Torno per comprendere se ho seguito qualche buon consiglio dispensato quando credevo d’esser l’unico saggio del paese, se ho realizzato qualche desiderio espresso qualche anno fa.

 

Ebbene sì. Tra uno scivolone e l’altro sono fiero di me stesso. (Ogni tanto bisogna essere fieri di se stessi e checazz’). Ho realizzato sogni, ne ho perso qualcuno per strada, ed ho conquistato alacremente nuovi punti di vista. Ho nuove speranze e fantasie. E poi sposerò Giulia, la mia lente di ingrandimento sulle cose belle della vita…

 

Sì. Sono felice.

 

E chiudo con un brindisi ideale che condivido con chiunque sia arrivato fino a questo post.

 

 

«Agli umoristi e ai sagaci. A chi sa cercare una luce nell’oscurità. Al tempo che passa, affinché non tradisca le attese. A chi considera una vittoria l’aver conservato un briciolo di sensibilità. A chi crede che l’amore esista solo quando si spoglia della ragione. A chi sa appoggiare gli occhi sul mondo. A chi rifugge dagli stereotipi, affidandosi al libero arbitrio. A chi spalanca una finestra e sa raccontare ciò che vede. A chi mi rende sorridente. Agli attori, ai musicanti, a tutti quelli che stanno dietro le quinte. A chi lascia che la felicità arrivi per caso…»

 

 

 

Buon compleanno a me!

 

 

 

 

 

 

[photo by ANTONIO ERRIGO]

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