Con la sua opera prima Antonio ci invita a camminare con lui
per mostrarci le strade e i volti che ha scoperto in un periodo
decisivo della sua vita.
Il libro si apre con un’affermazione che è insieme una promessa:
“Quando scrivo sono più sincero. Più vero”, ed è questo forse
il vero valore di questa storia, quello della condivisione
di alcuni momenti di intima riflessione di uno scrittore-protagonista
che ci regala una storia uguale a mille storie ma insieme unica.
È come leggere un diario grazie al quale poter scoprire qualcosa dì più sull’autore
e forse anche su noi stessi perché Antonio ha fatto quello che molti di noi non hanno
il coraggio di fare, si è seduto e si è messo a scrivere, riportando i momenti
memorabili dei suoi primi giorni a Bologna tra i banchi dell’università e la strada.
Certo, questo libretto non è privo di limiti, lo stile è acerbo e
per chi odia la retorica deamicisiana non è facile da digerire:
qui sono tutti buoni, tutti belli, e persino parlando di una pessima pizza ci si sente in dovere di di trovarci qualcosa di buono: “Secondo un mio personalissimo parere non è buonissima, ma sazia”, e così, in una specie di delirio
flandersiano, la narrazione perde vigore.
Ma poi Antonio riesce ad essere implacabile
quando tratteggia il carattere dell’unico vero personaggio psicologico del libro, Bianca,
che ne esce malconcia ma che è chiaramente il motore di tutta la storia: “La sua libertà diventa la mia libertà”.
Quando si cammina si incontrano tante persone, il primo giorno che ho incontrato Antonio Errigo eravamo a Milano, abbiamo camminato tanto e mi sono divertito.
Con questo libro potete decidere di accetare l’invito di Antonio
e cominciare a passeggiare con lui tra le vie di Bologna,
sotto la poggia, ascoltando musica o sorridendo
delle battutacce di Celestino. Decidere di iniziare a leggerlo
è il miglior modo per dire “Vengo con te”.