Antonio Errigo
17/12/2013
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bruxelles

 

 

 

Avete mai provato quella sensazione di aver qualcosa da dire e non riuscire a farlo mai nel modo giusto?

 

Beh, quello è il mio tarlo. Il mio vuoto.

 

Viviamo in un’epoca immediata. Dove siamo pronti ad uccidere per due tacche di wi-fi. Dove il costante desiderio di essere accettati dagli altri è targato 2.0. Dove è possibile etichettare tutto e tutti anteponendo un semplice cancelletto. Ed ecco che, quelli che ci appartengono, non sono più i momenti migliori della nostra vita, ma sono #instamoments.

 

È proprio in quest’epoca che ho deciso di dire la mia. Di ritagliarmi uno spazio, purtroppo sempre più piccolo, per guardarmi intorno.

 

Tempo fa, sentivo spesso questa frase: “Bisogna tirare fuori quello che abbiamo dentro”.

 

Non ho mai capito se si trattasse di un incoraggiamento, di un’esortazione… magari d’un pungolo, una sollecitazione.

Quello che ho capito è che, in definitiva, oggi è il momento giusto per fare l’esatto contrario: dovremmo tirar dentro quello che c’è fuori.

 

Lì fuori ci sono le nostre citazioni.

Lì fuori ci sono le nostre canzoni e le poesie. I testi, le musiche, le melodie.

Lì fuori ci sono domande vere. Ci sono risposte autentiche.

 

Ci sono i silenzi delle città. Le donne che si specchiano nei retrovisori dei motorini. Il gusto del caffè. Il fresco del mattino. I camionisti sulla corsia di destra. Le rivolte di piazza. Le statue. I ritardi dei treni e l’insieme delle vite che trasporta. I mendicanti. I musicanti. Gli indifferenti…

 

Queste sono cose che non può rivelarci nessuno. Le dobbiamo contare. Le dobbiamo vedere. Le dobbiamo ricordare e poi raccontare.

 

Io credo che le cose eterne ed immutabili  le abbia imparate proprio lì fuori.

La differenza tra il bene e il male, tra il giusto e l’ingiusto, tra l’amore e la paura.

 

 

Fuori c’è molta più protezione per noi di quanta non ce ne sia di fronte ad uno schermo.

I viali, le strade, le viuzze, i sottopassi, i ponti e i parchi e le spiagge, ci proteggono dall’apatia, dal distacco e dalla freddezza. E noi abbiamo il dovere di trovare il tempo per ricostruire i nostri giorni. Di condividere il vero.

 

Di imparare il mondo…

 

 

 

Buonanotte dalla stanza 224 di un hotel qualunque, in una città qualunque.

 

 

 

 

[photo by ANTONIO ERRIGO]

 

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