Antonio Errigo
05/12/2013
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bo

 

 

Ci sono canzoni che sono profumi.

Che sono carezze. A volte pugni.

 

E ci sono sere in cui ne basta una per fare “tonf!” … e sprofondare in un mare di ricordi. E tu t’imponi di non vivere di ricordi. Ma che se poi quei ricordi sono la parte più bella della tua esistenza… beh, lì te ne fotti di quello che “t’imponi” e per quattro minuti, quattro, chiudi gli occhi e torni indietro.

 

Torni a quelle scene, a quel teatro che la vita aveva messo su per farti godere. Sì, quel freddo secco, quelle stradine deserte, quella foschia, le luci della sera, quei portici, quella calma ricercata.

Uno spazio scenico perfetto. Una quiete interrotta solo dal rumore dei nostri passi lenti.

 

Sapete, non è facile raccontare il silenzio. Perché in questa vita l’assenza di rumori, di suoni, di voci non è mai totale. Ma quella sera, io e lei, il silenzio ce lo siamo raccontati. E lo abbiamo fatto bene. Come mai avevamo fatto prima.

 

Un passo seguiva l’altro. I luoghi familiari. Le saracinesche abbassate di sempre, le macchine parcheggiate, un paio di senzatetto rannicchiati su stessi, vicini, per riscaldarsi l’un l’altro, sotto i loro cartoni, i loro giornali e vecchi piumoni arrabattati.

 

Rientravamo da una bellissima serata normale. Perché la normalità è più bella di quanto non si possa pensare. E rientravamo piano. Come a dire che quella passeggiata andava vissuta fino alla fine.

Come a dire, sì, ma non l’abbiamo detto. Lo abbiamo capito, al volo, in maniera naturale. Come sempre.

 

Con lei tacere voleva dire viversi, capirsi, sognarsi.

Quei silenzi annientavano le nostre posizioni, le nostre convinzioni. Abbattevano le barriere, disegnavano ponti.

E non erano la negazione della parola. Erano, piuttosto, i nostri dialoghi più belli.

 

Quel silenzio era la nostra frase migliore. Quella che aveva sempre lo stesso significato. Quella più immediata, più diretta. Quella che non si svalutava mai.

 

Ed era interrotto sempre un secondo prima che diventasse troppo.

E solo lei sapeva il quando. E solo lei sapeva il come.

 

E questa canzone, stasera, mi ha riportato lì. Sotto il portone di casa. Con le sue punte tirate su per raggiungermi con un bacio, con la punta del suo naso freddo.

Col calore di un suo semplice “ti amo”.

 

 

 

 

notte…

 

 

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