Antonio Errigo
17/10/2014
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Credo sia l’attesa la misura per dare valore a quello che ci accade. Sì, credo che aspettare significhi riappropriarsi della giusta consapevolezza delle cose.

 

E noi ti abbiamo aspettato.

Io ti ho aspettato…

 

Sai, arrivi in un mondo capovolto. Chiuso e sovraffollato. Dove la logica dell’appartenenza si sta sbiadendo giorno dopo giorno. Dove #social vuol dire solitudine. Dove i valori non hanno più valore, dove gli ideali sono stati spogliati e giacciono lì, nudi, e sono fragili.

Arrivi in un mondo barcollante e malato, ubriaco di se stesso.

E io ho deciso di scriverti proprio adesso perché, ora, tu sei vuoto. Sinceramente candido.

Ma sai, non c’è cosa più difficile che posare dell’inchiostro su un foglio bianco. Il rischio di macchiarlo d’inutilità è sempre troppo alto…

 

Devi sapere che le parole sono le uniche cose in cui io oggi credo. E mi piace pensare che tu sia arrivato qua per insegnarmene di nuove. Per ricordarmi quelle che ho dimenticato.

 

Sì, lo so, è presto. Per parlare con te dovrò aspettare ancora un po’.

Ma sarò ugualmente felice di ascoltare i tuoi primi istanti di vita. Vagiti che faranno riaffiorare i nostri sogni. Che ci insegneranno a riassaporare i giorni.

 

Sarai tu a regalarci minuti preziosi. Sono certo che ci insegnerai a non sprecare il tempo. A non mentire. E quando sceglierai di dirci una bugia, ci insegnerai a capire nuovamente cos’è la sincerità.

 

Mi piace pensare che ci insegnerai a non chiedere di più.

Ci insegnerai a cadere tutti giù per terra. Noi, che sprechiamo la vita a cercare di viaggiare sempre alto…

Ci insegnerai a tornare ad essere felici senza ragione.

 

So già che tratterremo il fiato quando sorriderai, quando pronuncerai i nostri nomi, facendoci vivere la gioia dei tuoi sguardi.

 

Ci insegnerai a notare le somiglianze. I tratti di tuo padre, le espressioni di tua madre, le mani, il colore dei capelli, la lucentezza della pelle. Saremo lì ad osservarti. E, nel mentre, tu ci insegnerai a posare i nostri occhi sulle cose importanti della vita.

 

Mi insegnerai che i viaggi migliori sono quelli verso di te. E io proverò ad insegnarti il mondo. Ti racconterò quello che ho visto. Ti parlerò dell’Europa e dell’America, ti parlerò di quanto è bello essere curiosi. Ti parlerò degli uomini e delle donne che ho incontrato, dei suoni che ho ascoltato, del profumo delle città, di quanti soli ho visto tramontare. Di quanti amori ho visto nascere.

E, forse, tu mi insegnerai a restare. Io che parto sempre…

 

Sono certo che mentre tuo padre ti insegnerà a camminare, tu gli insegnerai cosa vuol dire cadere, raccogliere le forze e rialzarsi. Gli insegnerai il valore di un passo verso di lui e gli ricorderai i gesti più semplici. Facendo crollare le convinzioni. Costruendo insieme a lui nuove idee. Gli insegnerai a preservare i tuoi segreti, quelli che solo a lui potrai confessare.

 

Insegnerai alla tua mamma che essere madre vuol dire trasformarsi, varcare le soglie di un universo a parte. Lì dove nessuno ha il diritto di entrare. Dove nessuno potrà mettere bocca. Lì dove una carezza vale tutte le gioie del mondo. Lì dove solo tu e lei vi capirete. Lì dove il cibo avrà sempre più sapore, dove una coperta riscalderà di più, dove i tulipani non appassiranno mai. Lì dove, insieme, pianterete il seme dell’eternità.

 

Forse arriverà un momento in cui la vita metterà i tuoi genitori di fronte alla foschia. Tu avrai il compito di essere il loro faro, il loro approdo, il loro punto di ripartenza.

Insegnerai loro a disegnare nuove rotte. A percorrere sentieri inesplorati, a tracciare nuovi orizzonti. Insegnerai loro a cambiare pelle. A farlo per te, ma soprattutto per loro stessi.

 

Gli insegnerai anche le cose facili.

A chiudere la porta, a non svegliarti, a fare l’amore come fosse sempre la prima volta. A non dimenticarsi mai del loro primo bacio.

 

Gli insegnerai ad accompagnarti alle feste e stare in disparte. A venirti a prendere. A dare una risposta giusta quando chiederai loro a che ora potrai tornare. Ad indicarti l’unica cosa che un genitore può davvero mostrare ad un figlio: la differenza tra il bene e il male.

 

E in questa routine quotidiana, ci insegnerai i vecchi dei nostri papà e gli eterni no delle nostre mamme. Ci racconterai i loro capelli bianchi. Ci insegnerai il perché delle loro apprensioni, delle loro eterne raccomandazioni.

 

Ecco, tu farai tutto ciò.

 

E quando avrai finito di insegnarci queste cose, mi auguro che tu abbia imparato che per vivere in questo mondo bisogna solo credere con forza in quell’amore che è scoccato tra Marianna e Giovanni e che ti ha permesso di arrivare qui da noi.

 

 

Benvenuto Emanuele.

 

 

Ora e per sempre.

Tuo Zio

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