Antonio Errigo
17/07/2013
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Osservare per qualche secondo la pagina. Bianca. Immacolata. Candida. Pulita.

 

È questo quello che faccio sempre, prima di iniziare a scrivere.

È in quel tempo vuoto che io focalizzo le emozioni. Come fossi un tuffatore che dall’alto fissa il suo specchio d’acqua, prima di abbandonarsi, felice, alla forza di gravità.

 

Per raccontarla, bisogna nutrirsi di un’emozione. Bisogna farla albergare dentro di noi. Cullarla. Farla appoggiare sul cuore.

Credo addirittura che, alle volte, sia necessario sopravvivere ad un’emozione.

È quando ci si sente in salvo che la si può raccontare. Ma bisogna farlo piano. La tonalità, il volume, l’intensità, in questo genere di cose, sono determinanti.

 

È per questo che scrivo.

Questo è il mio tono…

Questo è il mio volume…

Questa è la mia intensità…

 

Mi sono sempre chiesto se sia possibile far proprie le emozioni di qualcun altro. Ho sempre manifestato un dubbio sistematico. Ma poi è arrivato il 13 luglio e ho capito che sì, forse si può …

 

Faceva caldo. Sudavo con voi.

Le vostre palpitazioni. I miei stessi battiti.

Centinaia di sguardi. Ho avvertito il vostro stesso vuoto.

Violini, viola e violoncello. Città del Vaticano accarezzata da archi fatti di sottili crini di cavallo. Le note perfette.

Nostro Padre che ti accompagna tenendoti a braccetto. Fiero.

Nostra Madre che sistema la coda del tuo abito. L’ultima mano tesa è sempre la sua.

Le cornici, tremendamente suggestive. Voi, il quadro d’autore più bello che io abbia mai visto fino ad oggi. Protagonisti di voi stessi.

 

Ma un matrimonio non si racconta. L’amore non si rivela. Ci saranno i giorni, i mesi, gli anni a dirci come è stato, com’è e come sarà.

 

Quello che posso fare però è raccontarti cosa ha significato per me vederti vestita di bianco.

Ecco, per me ha voluto dire osservare per qualche secondo la mia pagina migliore. Questa volta più bianca che mai. Immacolata. Candida. Pulita. Certamente eterna.

 

Mia sorella, donna. La donna più bella. La principessa che non ho mai visto. L’emozione incontrollabile di un Lui ormai parte di un Noi. I suoi tremori, i miei tremori. La sua voce spezzata, la sua verità. Sarà lui a scrivere il vostro futuro su questa pagina bianca.

 

E poi lì, seduti. Mano nella mano e dire i vostri Sì più belli. E io dietro, a osservare le vostre spalle. Con indosso la responsabilità di proteggerle. Come ieri, come oggi, come domani, come sempre sarà.

 

Hai disegnato di tuo pugno, con la tua fantasia, con il tuo estro, il tuo abito. Hai permesso che le abilità sartoriali delle donne della nostra famiglia materna venissero mostrate a tutti. E hai scelto di far coprir loro le tue spalle. Impreziosendole. Rendendole più forti. Rendendoti più forte, nel tuo giorno più bello.

 

Quei ricami, quei brillanti, quegli ornamenti non erano solo idea fattasi strabiliante realtà. Erano il simbolo del valore che dai ai tuoi cari. Hai regalato loro un sogno. Hai realizzato il tuo.

 

Ho pensato tanto a cosa regalarvi. Alla fine ho scelto dei contenitori. Delle valigie. Che servono quando si parte. Perché simbolicamente questo è il vostro viaggio migliore. Il più bello. Tra i più difficili. Tra i più emozionanti. Ma servono anche per tornare. E quando lo farete, riempitele con le vostre più profonde felicità, con le vostre più intime soddisfazioni.

 

Io ci sarò. Voglio raccontare le vostre partenze. Voglio raccontare i vostri arrivi. Voglio raccontare i vostri traguardi.

 

AUGURI!

 

Anto

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