Antonio Errigo
02/01/2013
Commenti
IMG_0429

Accomodatevi pure, venite avanti. Mettetevi a vostro agio e lasciate perdere la fretta. Almeno per un po’.

Devo raccontarvi qualcosa …

 

Tra pochi secondi sarà il 31 dicembre, ma tranquilli … non ho nessuna intenzione di raccontarvi questo 2012, né tantomeno di star qui a far proiezioni sul 2013.

Quel che è stato, è stato e quel che sarà, sarà …

 

Ho, piuttosto, voglia di parlarvi di voi, di noi. Di ognuno di noi.

 

Ho voglia di parlare di te, giovane trentenne audace, indeciso o risoluto.

Oppure di te, adolescente ingenuo, arrogante e sognatore.

O di te, cinquantenne soddisfatto, serio e pensieroso.

Ed anche di te, quasi quarantenne inappagato, abile e speranzoso.

 

Sapete, io non ho visto ancora niente di questo mondo. Lui è troppo grande ed io non lo sono mai abbastanza

 

Ma ci proverò. E lo farò per il mio bene.  Per guarire da questa strana febbre.

Già, la febbre …

Pare che l’alterazione della temperatura non sia altro che una reazione. Una risposta del nostro corpo.

Si dice anche che la febbre abbia un significato finalistico. Cioè uno scopo, un fine, che è quello di creare condizioni sfavorevoli alla vita di un virus o di un batterio.

Il mio virus è la noia. L’antidoto è quasi sempre il viaggio.

 

Io devo sempre partire. Io non so rimanere.

 

Ma c’è qualcosa che posso raccontare anche da qui.

Anche adesso che sono fermo in questa stanza. In questo appartamento bolognese. Durante questa notte che assomiglia molto a tutte le altre.

A tutte quelle in cui ho passeggiato avanti e indietro, lungo questo corridoio, a leggere a voce alta i passi dei libri che più mi piacevano. Accompagnato solo dall’insonnia.

 

Sì, posso raccontarla adesso questa inquietudine senza tempo. Senza età. Figlia di un sentimento mancato, vissuto, rimpianto, maledetto, cercato, sognato. Un’inquietudine d’amore…

 

Luigi Pirandello una volta scrisse che “l’amore guardò il tempo e rise perché sapeva di non averne bisogno, (…) perché il tempo moriva e lui restava …

 

Ecco, io non so dirlo come Pirandello, e ci mancherebbe pure…

 

Ma so che è vero. È esattamente così.

Ognuno di noi cerca l’amore. Quello vero.

Quella sniffata di vita … l’unica che ti eccita, che non ti uccide e che, al massimo, ti fa soffrire.

E sì, perché l’amore ti sacrifica, l’amore ti delude, l’amore è un nemico. L’amore ti rende piccolo. Ti rende incerto ed impotente. A volte ti umilia.

 

Ma l’amore è essenziale.

E lo è a venti, a trenta, a quaranta o a cinquanta anni. La differenza è solo nella forma, mai nella sostanza.

 

Tra tutti, è il più tangibile dei sentimenti.

 

Lo posso toccare nei miei ricordi da diciottenne invincibile, pronto a tutto pur di avere un momento d’estasi. Fiero di incrociare le dita di una ragazza durante una passeggiata. Eccitato all’idea di poter palpare i suoi seni. Impaurito alla sola idea di essere scoperto… coraggioso nei primi “ti amo”.

 

Lo posso toccare alla soglia dei trenta, dove ai primi capelli bianchi (due o tre!!) corrisponde una maturità non sempre avallata dagli atteggiamenti che assumo. Dove le storie d’amore sembrano essere dominate più dalle nostre incertezze che dal nostro coraggio.

A trent’anni, o giù di lì, il desiderio di amare ha una priorità latente … nel senso che ognuno di noi ha questo chiodo fisso, ma è come se non avesse il tempo. Bisogna lavorare. Bisogna pensare al proprio futuro. Come se innamorarsi pregiudichi gli instabili equilibri del raziocinio… ed allora stai lì ad aspettare. Tanto prima o poi arriva… prima o poi sarà il momento giusto.

 

Lo posso leggere negli occhi di quei quarantenni che vivono in coppie lacerate dalla speranza di ritrovare se stessi dopo aver fatto un figlio. Di ritrovare quei battiti che hanno scandito i loro attimi migliori e che hanno lasciato posto ad un bacio sulla guancia prima della buonanotte. Il bacio sulla guancia

Niente, più del bacio sulla guancia, sancisce la fine di un amore.

Me li vedo già quei quasi quarantenni, nello stesso letto, girati ognuno verso il proprio lato a cercare di voler prendere sonno a tutti i costi, pur di ritrovare l’amore in sogno…

 

Ma l’amore lo posso anche assaporare nei cinquantenni, incapaci di sopravvivere l’uno senza l’atro. Amori che rimangono in piedi nonostante le intemperie della vita.

 

Forse essere afflitti da una inquietudine d’amore significa essere liberi.

Forse respirare le inquietudini dell’amore fa bene.

Perché l’inquietudine d’amore travolge.

Perché l’inquietudine d’amore spinge al corteggiamento ed alla seduzione.

 

Perché poi, in fondo, l’inquietudine mi spinge a chiedere cosa sia davvero l’amore.

Perché io, forse, ancora non lo so

 

 

 

 

[foto by ANTONIO ERRIGO]

COMMENTI: